Arrampicare d’estate con vista sul mare

Dal numero 10 della rivista del Club Alpino Italiano.

Non lasciarmi mai solo” (200m, VIII+ max e VII obbligatorio) è stata aperta al pilastro Nord-Ovest di Capo Figari da Cristian Candiotto insieme a Pietro Bonaiti Pedroni in uno dei luoghi più conosciuti di Golfo Aranci e della Gallura.


La guida alpina, valtellinese di adozione, aveva già adocchiato la linea.

arrampicare

L’idea mi balenava nella testa da diverso tempo, spiega Cristian, i miei hanno una casa qui nel golfo e avevo il pilastro sempre davanti. La voglia l’ho sempre avuta, ma c’era chi mi diceva che la roccia non era buona, che il posto era infestato dalle zecche o che era su un terreno privato. L’anno scorso a ottobre sono venuto giù con Pietro, un mio amico che mi ha aiutato con dei lavori in ferrata, e ci siamo decisi di metterci all’opera.
Abbiamo pulito una traccia di sentiero di bestie e carbonai ed abbiamo creato l’accesso.

Dal paese ci vuole un’oretta, si cammina facile fino all’ultima mezz’ora, poi si fa più intricato.

È il classico sentiero in Barbagia, c’è da far ballare l’occhio se non si vuole perdere la traccia. È tutto macchia mediterranea, dà il gusto dell’avventura.
Sembra incredibile ma è in un posto isolato perché il versante Sud è quello turistico, al sole, conosciuto da tutti, mentre a nord c’è ombra, isolamento tutto un altro mondo”.

L’avventura è proseguita in parete. “Il primo tiro era preso dalla vegetazione, non sapevamo se la roccia era lichenosa o scalabile, abbiamo visto solo un diedro solcato da una fessura. Siamo saliti mantenendo un’etica alpinistica: fix solo dove servono, soste a parte, anelli di calata dove sono necessari. Ci sono clessidre e possibilità di mettere friend, non abbiamo esagerato con il materiale. Il grado raggiunge l’VIII+ nel tiro chiave, la via comunque ha una certa continuità, ma soprattutto ha una bella linea, bellissima anzi.
È un libro aperto, un diedro perfetto. Non potevamo essere certi che fosse davvero così fino a quando non ci abbiamo messo le mani. L’abbiamo aperta dal basso in quattro giorni: i primi due a ottobre e lunedì 24 (giugno, ndr) l’abbiamo finita, dedicandola a sua mamma, che è scomparsa”.

Recentemente Rolando Larcher, Maurizio Oviglia e Michel Piola hanno scritto una lettera aperta in tutela delle aperture dal basso e anche Candiotto l’ha sottoscritta. “La correttezza secondo me sta nel dichiarare quello che uno fa: ti puoi calare anche dall’alto, basta che lo dica, di modo che chi viene dopo di te sappia come approcciarsi alle difficoltà che troverà. Noi abbiamo aperto dal basso, e credo che si possa dire che su una via così c’è una bella differenza: la qualità della roccia non era malvagia, dai racconti sembrava peggio. Comunque, tenere una presa quando sai che si può staccare ti mette in una condizione mentale differente, pulire la fessura con il martello mentre Sali è un’altra cosa rispetto a starsene lì comodi, appesi alla corda. Nonostante il lichene bianco abbiamo trovato una buona aderenza; certo, ti devi fidare dei piedi. E il quarto tiro ci ha tenuto in ballo tre ore, un VIII+ non è uno scherzo”.

Gogna era stato alla parete nei primissimi anni 80’. “Ne parla nel suo libro: a sinistra e a destra della nostra ci sono due vie sue, sul V. L’ho chiamato, si ricordavo di questo bellissimo pilastro. E anche Oviglia aveva visto la linea, ma per qualche motivo non aveva mail voluto impegnarsi in questo lavoro”. Per i ripetitori sarà una bella sfida, lo stile della vita non è plaisir. “Da un fix all’altro ci sono anche sei metri, per il resto ci sono cordoni nelle clessidre e cinque chiodi”.

In attesa che Pietro si liberasse e lo raggiungesse per chiudere il progetto, Cristian si è sbizzarrito con altre creazioni sulle Monachelle che “accompagnano” il pilastro: Domo Mea (130 m, 7° max, 6°+ obbligato) con Armando Ligari e Bentu Malu (80 m, IV) con Caimano Armando. Inoltre, ha aperto – salendo slegato in solitaria – Uno sguardo sul golfo (80 m, IV), una via sul pilastro Ovest del vicino Monte Rujo che, successivamente, ha attrezzato sempre con l’amico Pietro. Insomma, c’è da scalare un po’ per tutti i gusti, ma Cristian non è un “chiodatore seriale”. “la prima volta che sono stato in Sardegna è stato nel 95’, come paracadutista. Poi sono venuto diverse volte, da nord a sud. Sono legato a questo posto, ma credo che quando si va a chiodare bisogno farla senno, qua come da ogni altra parte. Non è che in Sardegna si può andare con il cuore più leggero perché c’è più roccia disponibile che in altri posti. Chi si avvicina all’apertura della linea deve sapere che poi rimarrà: ciò che era puro e vergine viene rovinata, che sia in Masino o in Sardegna”.